Gli scacchi sono stati da sempre un gioco affascinante, uno sport strategico che ha appassionato gli amanti della logica. E anche la metafora degli scacchi viene usata spesso nel gergo comune, per non parlare nella letteratura. La nostra Alice di Lewis Carroll, parlo di Alice attraverso lo specchio del 1871, ha avuto un vero e proprio tête à tête con gli scacchi; infatti se il primo romanzo dell'autore si basa sulle carte, il secondo si è basato sul gioco degli scacchi. E quest'anno Netflix ci ha regalato un'altra Alice, tanto fantastica quanto problematica. Il 23 ottobre 2020 è stata distribuita, infatti, la miniserie ideata da Scott Frank, The queen's gambit, in italiano tradotta come La regina degli scacchi. È tratta dal romanzo di formazione omonimo di Walter Trevis, pubblicato nel 1983. Se Alice ci ha portato in un mondo fittizio fatto di elementi fantastici, la nuova Alice è un personaggio immaginario che invece ha attraversato per noi il mondo reale, in particolare quello degli scacchi. Il titolo della miniserie, e quello del libro, è un chiaro riferimento ad un'apertura scacchistica, ossia il gambetto di donna. La trama è abbastanza lineare. Elizabeth Harmon (Anya Taylor-Joy) divenuta orfana, vive in un orfanotrofio e trova consolazione negli scacchi. Scopre questo gioco nello scantinato grazie al custode dell'Istituto, Mr. Shaibel (Bill Camp); da qui nasce una vera e propria ossessione per gli scacchi: li sogna di notte ed inizia a studiare tanti libri riguardanti le mosse di altri grandi scacchisti. Negli anni '50 era d'uso comune somministrare tranquillanti negli orfanotrofi, per questo Beth fin da subito inizia ad avere delle dipendenze dai psicofarmaci; anche quando verrà adottata da Alma Wheatley ( Marielle Heller) e da suo marito Allston ( Patrick Kennedy), e si trasferirà nel Kentucky, non smetterà di esserne dipendente. Iniziata una nuova vita nella sua nuova casa, Beth decide di partecipare ai tornei di scacchi guadagnando qualcosa grazie alle proprie vittorie e, così, diventa famosa, diventa una bambina prodigio.
Durante le partite conoscerà diversi avversari che poi risulteranno essere ottimi amici e consulenti, come Harry Beltike ( Harry Melling, conosciuto per Dudley Dursley in Harry Potter) e Benny Watts (Thomas Brodie-Sangster). Quest'ultimo sarà anche il suo avversario più forte, ma anche il suo mentore. Infatti Beth ha uno scopo: vincere i mondiali, questo significa battere anche Benny, il campione nazionale in carica. Beth è una protagonista davvero particolare; è intelligente, caparbia, spiritosa, determinata. Non è una Mary Sue, non è perfetta. Beth ha tantissimi difetti, in primis la sua dipendenza dall'alcol e dalle droghe che più volte le impediranno di raggiungere il suo obbiettivo. Entrata in un mondo dominato dagli uomini, perché la componente maschile è in netta maggioranza tra gli scacchisti, si fa strada con le sue forze, con lo studio e con i consigli dei suoi amici. Il suo stile è inconfondibile, infatti sono stati molto attenti anche nelle scelta degli abiti. E credo che Anya Taylor-Joy, conosciuta per i suoi ruoli in Glass, Split e Peaky Blinders, abbia dato voce a questo personaggio magistralmente attraverso i gesti, gli sguardi e i silenzi. È stata a dir poco perfetta nei panni di Beth Harmon, ci ha fatto cadere e rialzare con lei; è riuscita a trasmetterci i sentimenti di questa ragazzina all'apparenza sola, appassionata di scacchi e disastrosa nelle relazioni mostrando in primis tutte le sue fragilità, nonostante la sua sicurezza davanti ad una scacchiera. Anche con Benny lei è molto più brava a comunicare tramite una scacchiera più che con le parole, insomma Anya è stata strepitosa in questo ruolo.
Sicuramente la storia di Beth si ispira molto a quella del campione Bobby Fischer che conquistò la corona degli scacchi il 1º settembre 1972 battendo il sovietico Boris Spasskij. Beth condivide con Bobby la dipendenza da alcol e anche i problemi nel relazionarsi con agli altri. La storia si concentra principalmente sul desiderio di Beth di conquistare il titolo, quindi le varie storielle d'amore non occupano un primo piano, anche se sono molto utili per capire quanto Beth tenga al suo scopo e quanto sia focalizzata solo sugli scacchi. Inoltre, quando sembra che ci sia qualcosa tra Beth e Benny, si intuisce quanto entrambi siano concentrati su questo sport e dunque quanto siano simili caratterialmente; tutti e due non danno spazio all'amore. Ogni puntata, sono sette in tutto, si intitola con un termine scacchistico, infatti abbiamo: Aperture, Scambi, Pedoni doppiati, Mediogioco, Forchetta ecc. Il titolo della miniserie è ripreso nella partita di Beth contro Borgov (Marcin Dorociński) poiché la protagonista lo sorprende aprendo con un gambetto di donna. C'è stato tanto studio dietro questa serie, infatti Anya Taylor-Joy ha ammesso di non aver mai giocato a scacchi e che, per interpretare Beth, ha dovuto imparare a giocare.
Le mosse, d'altronde, sono state coreografate dai consulenti di scacchi Garry Kasparov (campione del mondo dal 1985 al 2000) e Bruce Pandolfino, che hanno anche allenato gli attori. Una serie da non perdere, non solo per chi ama gli scacchi. I dialoghi, le musiche, i costumi, gli attori, hanno reso questa miniserie davvero spettacolare. Non potete aspettarvi molta azione, d'altronde gli scacchi sono uno sport della mente, ma vi assicuro che vi regalerà tante emozioni e la giusta dose di adrenalina. Dovete assolutamente guardarla.
Voto: 9
E per oggi è tutto, Life in series tv
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