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L'ingiustizia ha il color dell'arancio

Dopo sette anni le nostre criminali preferite del penitenziario di Litchfield ci hanno definitivamente lasciato con quest'ultima stagione. Sì, sto parlando di Orange is the new black (OITNB), una serie targata Netflix che ha portato sul piccolo schermo le memorie di Piper Kerman. Infatti Piper Kerman è stata condannata per riciclaggio di denaro sporco e ha deciso poi di condividere la sua esperienza carceraria nel suo libro "Orange is the new black: My year in a Woman's Prison". 
Da qui parte questa commedia drammatica, cruda e vera come poche. Tutto ha inizio quando Piper Chapman (interpretata da Taylor Schilling) viene condannata per un reato commesso dieci anni prima:  aveva trasportato una valigia contente soldi di provenienza illecita per conto di Alex Vouse (Laura Prepon), una narcotrafficante e a quel tempo sua amante. Piper è lo stereotipo della donna viziata dell'alta società newyorchese e, dopo l'esperienza di Alex, ormai la sua vita trascorre tranquilla con Larry (Jason Biggs). Ovviamente tutto cambia una volta che mette piede nel penitenziario. La sua storia si intreccia con quella delle altre detenute e dello staff del carcere. 

Di cosa tratta OITNB?
 
Questa serie mette in evidenza le problematiche legate al carcere, a come quest'ultimo venga usato non per migliorare e redimere le detenute. Al contrario queste vengono maltrattate e spesso usate dalle guardie per affari loschi, ad esempio contrabbando e vendita di droga. Con Piper abbiamo l'esempio di una donna fedele alla legge che una volta in carcere per sopravvivere dovrà per forza di cose commettere illegalità. E non è l'unica a dover sbagliare ancora e ancora nei confronti della legge per sopravvivere in quel posto. Ogni puntata si concentra su una detenuta e attraverso dei flashback riusciamo a comprendere il motivo che le ha spinte a vivere nell'illegalità e il loro passato. Inutile dire che tutte loro hanno delle storie molto strazianti alle spalle, storie che si arricchiscono di dettagli nel corso delle stagioni e che si mescolano con il loro presente. Vengono trattate tematiche legate alla comunità LGBT, ai tossicidipendenti, all'immigrazione (soprattutto nell'ultima stagione è il tratto caratterizzante), alla prostituzione e al razzismo. Inoltre ci permette di approfondire ciò che accade a chi riesce a scontare la pena e uscire, vivendo da ex carcerate e ciò che comporta.
 Il carcere dovrebbe essere un luogo per poter cambiare, dovrebbe essere un luogo che ti insegni come non cadere di nuovo nelle brutte abitudini. Più volte nel corso della serie troviamo un sistema punitivo davvero disumano: l'isolamento. «Tengono sempre la luce accesa per farti perdere la cognizione del tempo. Non è più vita. Insomma sì, continui a respirare ma non sei più una persona. È terribile. Cominci a vedere cose che non ci sono. Cominci a sentire le voci. Ti tengono qui finché non ti spezzano», così descrive l'isolamento Piper attraverso la voce fuori campo. Donne spezzate, umiliate, maltrattate, inviperite dalla loro stessa condizione: ecco cosa si vede in OITNB. Ed è per questo che esiste il carcere?

Riabilitazione, è questo che dovrebbe fare un carcere. Invece pochissimi personaggi hanno un percorso riabilitativo, tra cui Doggett (Taryn Manning) e Nicky (Natasha Lyonne). Guardando questa serie, puntata dopo puntata, mi sono chiesta dove fosse la giustizia e l'umanità. Mi sono chiesta come sia possibile che delle persone siano state trattate così e che la giustizia sia stata trasformata in un'ingiustizia. Il personaggio che sicuramente ha subito l'ingiustizia più grande è stato quello di Taystee ( Danielle Books), per chi ha seguito la serie sa di cosa parlo. Eppure possiamo dire che un certo riscatto l'ha avuto. Non tutte però sono riuscite ad avere questo riscatto, un motivo per andare avanti e lottare. La prigione ti cambia, potresti diventare ciò che mai avresti voluto essere. Questo ce lo insegna Dayanara ( Dascha Polanco) che da dolce ragazzina amante del disegno diventa tutt'altro verso le stagioni finali. Non scendo nei particolari perché dovete vederla, assolutamente. 
Le storie di queste donne ci entrano nel cuore, ci fanno piangere e sperare. La speranza è un'altra faccia di questa medaglia marcia. C'è chi non la perde, chi combatte contro questo sistema disfunzionale  e chi prova ad avere giustizia, una giustizia meritata. L'icona della speranza è la "gallina". Questa gallina appare e scompare, perché è libertà. E le detenute iniziano a credere nella sua esistenza perché non è importante se quest'ultima esista davvero ma hanno bisogno di credere e di sperare. Perdere la speranza è la fine, queste donne hanno gli occhi della speranza. Credono in un futuro migliore nel momento in cui usciranno da questa prigione. Per alcune sarà così, per altre ovviamente la vita in prigione riserverà loro ancora più dolore, senza parlare dei continui aumenti di pena a causa di rivolte o, anche ingiustizie. I rapporti tra guardie e detenute sono messi in luce molto bene. Troviamo sia chi se ne approfitta di loro e sia chi vuole davvero aiutarle, ad esempio Joe Caputo ( Nick Sandow), l'unico che fin dall'inizio ha provato a far qualcosa di buono per le donne del suo penitenziario. 
Una serie travolgente e innovativa, a tratti comica, riesce a farti affezionare a tutti i personaggi. Merita un 9, soltanto perché la penultima stagione non mi ha entusiasmato molto. Ma posso dire che ogni colpo di scena è ben costruito e nulla è lasciato al caso. Dunque, guardate questa serie se non l'avete ancora fatto. E se l'avete già fatto spero che converrete con me che l'ingiustizia ha il colore dell'arancio, come il colore delle divise delle nostre detenute preferite. 


-A. List

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